Il "mio" mulino negli anni Sessanta, prima della bonifica delle rogge
Ricordo che il territorio della Bassa Pianura Friulana, in particolare di Aiello, poiché vivevo lì, si presentava con centri abitati molto più contenuti rispetto agli attuali, in termini di superfice, con distinzione netta tra centro urbano e campagna, con la campagna costituita da una serie infinita di piccoli appezzamenti che potevano misurare grossomodo 45 x 80 metri con una superfice di circa 3.600 metri quadri corrispondente ad un “cjamp”, il campo friulano, quasi tutti delimitati sul lato lungo da un filare di viti e gelsi o di aceri campestri.
Entrando in campagna di notte, si potevano vedere le luci dei paesi fino a due/trecento metri di distanza, poi il buio, a causa dei moltissimi alberi, filari e boschetti che costituivano una barriera, mentre oggi, quando non c’è il granoturco, siamo nell’ordine di diversi chilometri poiché gli alberi rimasti sono davvero pochi!
Negli orti e nei campi arati erano presenti moltissimi grilli neri (probabilmente della specie Melanogryllus desertus) oggi quasi introvabili. Rispetto all’ambiente tipico facevano eccezione “i Prâs”, un vasto territorio a prato stabile tra Aiello e Perteole, derivato da un campo di aviazione risalente alla Prima guerra mondiale e poi dismesso, luogo ideale per allodole, cappellacce e strillozzi.
Il territorio era ricco di risorgive che formavano polle dalle quali nascevano le ‘rogge’, ruscelli ricchi di temoli, trote ghiozzi, anguille e spinarelli, con una fitta rete di alvei nei quali scorreva, durante tutto l’anno, acqua limpidissima, che spesso abbiamo bevuto.
Gli alvei delle “rogge” erano caratterizzate anch’esse da ricca vegetazione quali alghe (grison) e canne, le sponde avevano una fitta vegetazione costituita da querce, ontani, olmi, aceri, salici, robinie con sottobosco di corniolo sanguigno, rovo ed altre essenze minori. Da una vista aerea le “rogge” sarebbero apparse come dei serpenti verdi posti ad interrompere e scombinare il fitto reticolo geometrico dei campi bordati dai filari di vite.
Altro luogo particolare era la zona del Novacco e dei “Palûs” (paludi) di Joannis, un’area paludosa ed inaccessibile caratterizzata da rovi, erbe palustri (groi) e cespugli che non ho avuto il tempo di conoscere per le bonifiche ed il riordino fondiario operati già a partire dagli anni Sessanta che hanno risparmiato solo una piccola area protetta denominata “Biotopo o Torbiera del Groi”.
Nei decenni che hanno seguito la Seconda guerra mondiale, si è vista la trasformazione del tenore di vita ed il passaggio da un’economia di sussistenza ad un’economia di sviluppo, che ha portato all’innegabile benessere di cui oggi godiamo. Il petrolio ha permesso l’emancipazione delle donne e la possibilità di accedere alla scuola ai ceti meno abbienti, come riferito da Piero Angela.
Questa trasformazione ha visto il drastico cambiamento del mondo agricolo, che, in Italia, ad inizio degli anni quaranta contava quasi 19 milioni di persone appartenenti a famiglie agricole su una popolazione totale di circa 43 milioni di abitanti, mentre nel 2018 avevamo meno di un milione addetti su una popolazione di oltre 60 milioni. Anche se il confronto dovrebbe essere fatto sulla base della popolazione attiva, si capisce ugualmente il drastico calo degli addetti, percentualmente passiamo da un 44% di popolazione agricola degli anni ’40 al 1,5% di occupati in agricoltura di oggi. Il fenomeno è dovuto principalmente alla trasformazione dell’agricoltura da estensiva ad intensiva ed alla meccanizzazione, che, grazie ai concimi chimici, al petrolio ed alla tecnologia ad esso legata, consente la sostituzione di centinaia di braccia umane con un qualche macchinario appositamente congegnato.
E da qui la necessità di adeguare i terreni alle macchine, sempre più grandi, sempre più pesanti e sempre più performanti, ma sempre più bisognose di grandi spazi e colture monotipo. Per contro questi macchinari molto costosi non sono alla portata dei piccoli proprietari terrieri che, nel tempo, hanno ceduto i terreni ad aziende più grandi e, nella maggior parte dei casi, hanno chiuso le stalle e gli allevamenti.
Siepi, alberi e cespugli sono considerati d’intralcio, danneggiano le colture con la loro ombra ed occupano terreno produttivo, quindi vengono sistematicamente tolti di mezzo.
Anche le bonifiche hanno fatto la loro parte nella trasformazione dell’ambiente riducendo le pittoresche ‘rogge’ in canali rettilinei, privi di alberi, hanno rimosso lo strato argilloso impermeabile del fondo del canale, per abbassarne il livello e far scorrere meglio l’acqua. E se lo scorrimento veloce delle acque è utile durante le piene, che però nei secoli non hanno mai prodotto danni rilevanti, oggi impoveriscono le falde freatiche, drenano l'acqua dal terreno rendendo necessaria l'irrigazione.
Causa la bonifica, lo sfruttamento della falda freatica per l’irrigazione, l’industria e gli usi domestici, abbiamo perso gran parte dell’acqua superficiale ed abbiamo sporcato quella poca che ne rimane. Le rogge che alimentavano le ruote dei quattro mulini presenti sul territorio comunale di Aiello e che hanno funzionato dal quattordicesimo secolo fino alla prima metà del Novecento, per la prima volta si sono completamente prosciugate nel 2022, durante il periodo siccitoso dell’estate.